Dogville - La Necropoli del Cinema

Vermicino e il pozzo degli orrori, come, a distanza di ventisette anni, gli italiani sono riusciti a dimenticare Alfredino

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Richmond
view post Posted on 10/6/2008, 12:06




So bene che l'appropinquarsi dell'estate evoca bei pensieri, bei ricordi, positività e amenità d'ogni genere. Ma vi chiedo di leggere questo post, che inserirò anche nel mio blog. Perché ci si renda conto di come la gente sia capace di esorcizzare la paura, l'orrore, quella stessa realtà così beffarda ed atroce che talvolta assume le fattezze estreme della finzione. La vicenda di Vermicino è vissuta per anni nei ricordi degli italiani, spesso accantonata e tirata fuori in veste di leggenda da raccontare ai propri bambini, per metterli in guardia sui pericoli della vita. Ma purtroppo non è una favola. E' una tragica verità, che gli italiani hanno pagato sulla propria pelle e che non hanno avuto il coraggio di affrontare nel peso schiacciante della sconfitta che ne è derivata.
Io conosco questa storia grazie ai miei genitori, ma anche grazie ad un otimo libro di Massimo Gamba, intitolato Vermicino, l'italia nel pozzo, dalle cui pagine ho tratto le notizie che fra poco vi riformulerò con parole mie e con sonsiderazioni personali. Nel 1981, l'anno in cui la vicenda ebbe luogo, non ero ancora nato. Il Mondo dovette attendere ancora cinque anni perché Richmond venisse alla luce. Ma ho fatto mia la vicenda di Alfredino come se fossi stato lì presente, a viverla i prima persona. Vale la pena che i veterani (chi ha superato gli "anta") del forum rivivano quelle ore e che i giovani, come me, vengano a conoscenza di una pagina del diario italiano, che troppo presto è stata strappata.
Anche se lungo, leggete questo topic.





CORRE L'ANNO 1981.....




Siamo nell'estate del 1981. Un caldo opprimente sta martellando sulle teste di milioni di Italiani, che si perdono dietro la vittoria dell'Inter di quel famoso (per l'epoca) Mundialito ideato dalla mente vorace di Silvio Berlusconi, chiaroveggente anticipatrice della straripante fortuna di Tele+ e Sky, nati decenni dopo, la quale aveva partorito il progetto di questo campionato alterantivo ai Mondiali e agli Europei (che, come si sa, si disputano con cadenza quadriennale, e la sconfitta pesante di ieri ce ne rammenta a malincuore) ed alla cui astinenza il popolo calciofilo della Penisola risponde con entusiastico interessamento. In realtà saranno le mire di potere dell'Imprenditore milanese a muovere questo evento, in quanto il futuro Presedente del Consiglio (eletto per la prima volta tredici anni dopo, nel 1994) ha in mente di rimpinguare le casse della sua da poco nata Canale Cinque, propinando alla gente un torneo che si gioca, in verità, all'insegna dell' "ammazzare il tempo", contrapponendo club del calibro del Milan, del Fayenord, del Santos ed, appunto, dell'Inter, indiscusso vincitore di questo trofeo.

E' l'anno in cui la gente troverà ragione di muoversi e di festeggiare anche per celebrare il centenario di Pinocchio, celebre favola romanzata ad opera dell'ottocentesco scrittore Claudio Renzini (in arte, Claudio Collodi, dal suo luogo di nascita, emulando Da Vinci), in virtù di quel sentimento patriottico e nazionalista che sembra voler unire un Paese che da pochi giorni è scosso da uno scandalo plitico di proporzioni bibliche: la Loggia P2, evento dell'anno, incubatore di mali pensieri, di quei climi giustificatamente fondati sul sospetto tipici degli anni Settanta, in cui i politici nostrani sguazzano apparentemente volentieri dalla notte dei tempi, macchiandosi di collusioni e crimini compiuti, come sempre, nel marchio della più depravata ed opportunistica corruzione.

E' lo stesso anno in cui, del resto, il popolo italiano troverà sollievo a tale piattume morale nella santificazione dei due Bronzi di Riace, scoperti in verità nel 1972, ma i cui lavori di restauro sono durati otto anni, i quali vengono esposti, prima, a Firenze nel 1980, poi, su invito del magnanimo presidente (partigiano) della Repubblica Sandro Pertini, in una megagalattica manifestazione romana, a cui prendono parte tutte le famiglie della Capitale, importanti o meno, all'insegna di quel sentimento comune di compattezza di cui un popolo così scosso e frammentato sembra in questi anni necessitare.

E questo contesto così corale sembra rispondere ai tratti di un celebre film degli anni Venti di King Vidor, La folla, del quale questa situazione di collettivismo spinto sembra riprendere i caratteri più estremi e quasi grotteschi.
Caratteri degnamente rappresentati dall'album di Mino Reitano, Io ti amerò, che gode di un discreto successo, e che di per sé non soffrirebbe di quel patetismo tipico di questo periodo (ed in particolare di questo 1981), se non fosse per il singolo allegato, dedicato proprio ai Bronzi di Riace, che, nel pieno stile del cantautore calabrese, recita con enfatico barocchismo: Bronzi di Riace, guerrieri della pace, a Fidia date luce, lo sguardo non è truce.

Degna testimonianza di un'annata che si è consumata nel segno della ricerca esasperata della novità, dell'inaspettato, dell'evento che scuotesse, in modo possibilmente positivo, un'Italia annoiata e che conosce solamente eventi negativamente esponenziali, proprio come quella Loggia P2 che si cerca invano di nascondere con l'ombra magra di un dito indice....




IL CONTESTO IN UN LUOGO DISEGNATO DAL POPOLO ITALIANO




.....In questo clima da sete di eventi, la provincia romana, un luogo che per gli italiani non esiste, non è mai esistito, confinato, com'è, ai margini della storica Capitale dell'Impero, diventa il set di una vicenda che il popolo chiamava a gran voce, ma della cui evocazione ci si pentirà ben presto.
Il luogo si chiama Vermicino: poche case sparse su un'assolata campagna inverdita dai vigneti dei Castelli Romani, nella quale robusti contadini producono quel Frascati che ancora oggi sorseggiamo volentieri nei nostri pasti.
Per la precisione, in realtà, non stiamo neppure parlando di un paese o di una frazione, ma della confluenza di due vie che si incrociano quasi all'altezza della località Selvotta - intorno alle quali sorgono poche abitazioni ed alcuni cantieri dediti a costruirne di nuove, sempre però nello stile rurale che contraddistingue queste zone - denominate Sant'Ireeo e, appunto, via Vermicino. A testimonianza di come la gente necessiti, sempre, di ingigantire, di mitizzare, di ottener certezze e punti fermi, quella via maledetta diventerà Vermicino. La capitale dell'orrore.
In questi campi arsi dal sole dei primi giorni del giugno del 1981 corre un bambino in canottiera: sei anni, sguardo vispo, carattere decisamente vivace, come racconta Elio, camionista che, in quei giorni, sta lavorando nei pressi di un cantiere nella zona. Elio racconta che, mentre sta guidando il suo mezzo, dal filare di una vigna sbuca di colpo un ragazzino:
- E levate de mezzo, ragazzì! Che se no te metto sotto!
- Aoh! Ma vedi d'annartene a fanculo!

Uno scambio di battute degno dei migliori film di Aberto Sordi o di Carlo Verdone, già.
Peccato solo che ai pochi istanti di ilarità che quel bambino, Alfredo, ha suscitato in uno stupito e semi divertito camionista, seguiranno lunghi ed interminabili giorni di commiato, di sofferenza, che si accavalleranno in una tragica ed agoniaca vicenda che segnerà quei giorni maledetti con il nome stesso del "non luogo" in cui si svolgevano e che ribattezzeranno quella creatura così teneramente irriverente con un nome familiare, che quasi sempre, in simili occasioni, nasce spontaneo per avvicinare la gente alla tragedia del singolo: Alfredino. Il bimbo caduto nel pozzo.




MERCOLEDI' 10 GIUGNO




Nel tardo pomeriggio di quella che è una giornata che registra temperature ben al di sopra delle medie stagionali, Alfredo Rampi, bimbo di sei anni, pieno di vitalità, vispo e descritto, da chi lo conosce, come un ragazinno molto maturo ed assennato per la sua età, sta correndo e giocando nei pressi di quella che oggi si chima Via Sant'Ireneo, ma che nel 1981 è solo un dedalo di sentieri campagnoli.
Alfredo è figlio di Ferdinando Rampi (dipendente dell'Acea) e Franca Bizzarri, casalinga. Il piccolo Alfredo soffre di una malformazione cardiaca congenita, la "tetralogia di Fallot", che gli ostacola la respirazione e lo rende maggiormente vulnerabile agli sforzi fisici. Ed in effetti sono proprio i medici ad aver consigliato i Coniugi Rampi a trasferirsi, quando ne hann la possibilità, in campagna, per sfuggire allo stress e al caose della vita trafficata della Capitale e per far respirare aria buona ad Alfredino (il quale ha anche un fratellino di due anni, Riccardo). Nella casa di campagna di Vermicino abita anche nonna Veia, alla cui abitazione è confinante un terreno su cui sorge un cantiere per la costruzione di una villetta. Risulterà tutto abusivo. In oni caso, ciò che ai nostri occhi si presenterebbe se ci catapultassimo automaticamente nel pomeriggio di quel 10 giugno, sarebbe una grand esistesa erbosa, circondata da un terrapieno di circa due metri. Alla base di questo terrapieno, già dall'aprile precedente, è stato scavato un profondo pozzo artesiano.



Alle ore 19.00 Alfredino sta tornando a casa insieme a suo padre e asuo nonno (Alfonso Rizza). Fermatisi all'altezza del cantiere, dove alcuni operai stanno lavorando, il piccolo si allontana dal padre, dicendogli che sarebbe andato a casa, la quale, come sappiamo, è poco distante. Nel girovagare tipico dei bambini, mossi come sono dalla curiosità, Alfredino si aggira in un cantiere che non è protetto da nessuna barriera. Basta un attimo, tagicamente coincidente con un istante di distrazione delle otto persone (fra cui anche il padre del bambino) che si trovano nel raggio dei circa dodici metri circostanti: Alfredo scivola, probabilmente, dal terrapieno di due metri, non riesce a frenare la sua caduta e, con la perfezione che solo un destino beffardo sa mette in atto, centra l'imboccatura di quel pozzo artesiano che non è sufficientemente coperto.
Inizia così il suo calvario.


Alle ore 20.00 arriva sul posto Luca Pisegna figlio di Amedeo, proprietario del terreno e, quindi, anche del pozzo. Nota subito che l'imboccatura del buco scavato presenta alcune tavole rimosse ed altre spezzate. Quando, insieme ad altre persone, decide di alsciare il luogo, coprirà il pozzo con un budone di ferro, ignorando totalmente che sotto, chissà a quale profondità, il cuore di Alfredino sta scandendo i secondi che lo separeranno a quell'epilogo che in molti hanno volutamente dimenticato.


Ore 20 e 30: Ferdinando Rampi rientra a casa convinto di ritrovare suo figlio, ma con sorpresa scopre che questi non è ancora tornato. L'inquietudine attanaglia fin da subito i due coniugi romani, che si precipitano immediatamente a cercare Alfredino. L'oscurità cala semnza minimamente porsi il problema di dover mostrare indulgenza e clemenza verso quella famiglia che sta cercando un bambino scomparso. E così si fa buio. Buio come sulle altre centinaia di tragedia che si stanno consumando, in questi stessi istanti, in giro per il Mondo, senza che il sole privilegi gli uni piuttosto che gli altri. In questo momento il panico ed il terrore per la scomparsa di Alfredino è tutto per i suoi strettissimi parenti. per Franca, per Ferdinando ed anche per nonna Veia, molto attiva nelle ricerche, tanto da penare per prima ad una tragica aventualità: Il pozzo.
Quelle tenebre che avvolgono la desolata e dimenticata campagna di vermicino, presto rimpiangeranno la quiete che le contraddistingueva, perché rimarranno per giorni e giorni abbagliate dalla luce accecante ed irrispettosa dei riflettori televisivi.


Alle 21.00 Ferdinando Rampi si precipita, insieme ad Alfonso Rizza, a controllare il pozzo artesiano. Tira un sospiro di sollievo nel constatare che esso è coperto da un bidone di ferro (lo stesso che sappiamo il sig. Pisegna aver collocato sull'imboccatura, un paio d'ore prima). Quell'apparente tranquillità verrà ben presto travolta dalla potenza sconvolgente della realtà: Ferdinando decide di controllare meglio. Toglie il bidone ed illumina con una torcia: alcuni pezzi di legno giaciono a circa tre metri di profondità. Qualcosa è successo. Ferdinando chiama suo figlio. Dal profondo della terra non giunge alcun suono. Ferdinando ricopre il pozzo e si reca a cercare altrove.
Nel frattempo sopraggiungono gli agenti di polizia chiamati da Franca Bizzarri alle 21 e 30, i quali arrivano solamente dopo aver faticato a capire dove si trovassero coloro che chiedevano soccorso. I poliziotti arrivano, ma sono sprovvisti di lampade ed atrezzature per le ricerche nel buio. Una delle tante mancanze che, sommate alle altre, determineranno l'andamento delle cose verso una conclusione assolytamente inaspettata, in un Mondo in cui l'uomo dice di essere riuscito a sbarcare sulla Luna. Ma, come scrive anche L. Sciascia: il trionfo della tecnologia di allora, si compensa, oggi, con la sconfitta di fronte al pozzo di Vermicino.

Dalle dieci a mezzanotte le ricerche risultano vane. Ma, quando nella mente del brigadiere Giorgio Serranti si fa strada l'idea che il ragazzino possa essere caduto in un pozzo (dal momento che egli conosce abbastanza bene la zona, per sapere che nei dintorni se ne scavano molti), allora dopo una serie di domande e di indagini, il gruppo di ricercatori si ritrova nuovamente davanti all'imboccatura di quel maledetto pozzo, nascosto ai piedi di un terrapieno di due metri.
Come racconterà nel 1987 ad uno speciale di Maurizio Costanzo, a mezzanotte circa, Serranti, proprio nei pressi del pozzo artesiano, sente un grido. POi un altro. Tolta la lamiera che copriva il buco nero, Serranti fa quello che per ore invano, hanno fatto tutti gli altri ricercatori, in giro per la campagna buia. Grida Alfredino!
Ed una voce flebile, che proviene dalle viscere della terra, risponde: Mamma! Mamma!

Come in un film. Finalmente la sceneggiatura prevede una scena madre, strappalacrime, ma comunque positiva: Alfredino è stato ritrovato.
Ora si tratta solo di tirarlo fuori.











Continua........






Pubblicato sul mio blog

Edited by Richmond - 10/6/2008, 16:10
 
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Diane Selwyn
view post Posted on 10/6/2008, 12:55




Io la vicenda non l'ho potuta vivere, per motivi anagrafici. Io e mio fratello (lui aveva più o meno l'età di Alfredino nel 1981) ne abbiamo parlato svariate volte. Il suo parere di persona ormai adulta e pensante, è che c'è stata un'eccessiva spettacolarizzazione del dolore, cosa che oggi sarebbe piuttosto normale, ma che all'epoca suonava come nuova. La lunga diretta televisiva che ha tenuto incollati milioni di italiani al teleschermo, è un po' lo spettacolo del dolore. Si è anche pianto molto, è vero, ma le vicende dolorose come queste dovrebbero essere tenute fuori dal circolo mediatico, proprio per mantenere la sacralità del dolore personale e privato.
 
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view post Posted on 10/6/2008, 13:02

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Ricordo molto bene quel periodo... e questa vicenda mi faceva stare malissimo...

ricordo anche mio padre che diceva: "se non dovevano dare retta a tutte quelle telecamere lo salvavano"

fu una storia che colpì tutti, sono d'accordo con diane nel dire che è stata anche troppo mediatizzata.

per me, comunque, fu una prima perdita dell'innocenza, scoprire che c'erano storie che non potevano avere un lieto fine.

SPOILER (click to view)
o.t. chi cazzo è claudio renzini?
 
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Richmond
view post Posted on 10/6/2008, 13:46




CITAZIONE (mariolinamay @ 10/6/2008, 14:02)
Ricordo molto bene quel periodo... e questa vicenda mi faceva stare malissimo...

ricordo anche mio padre che diceva: "se non dovevano dare retta a tutte quelle telecamere lo salvavano"

fu una storia che colpì tutti, sono d'accordo con diane nel dire che è stata anche troppo mediatizzata.

per me, comunque, fu una prima perdita dell'innocenza, scoprire che c'erano storie che non potevano avere un lieto fine.

SPOILER (click to view)
o.t. chi cazzo è claudio renzini?

Già, d'accordo con entrambe riguardo al doiscorso mediatico, cui dedicherò un altro post non meno ampio di questo, nel mio impegno di ripercorrere giorno per giorno, minuto per minuto, le tragiche vicende svoltesi fra il 10 e il 13 giugno del 1981.


PS: piccolo lapsus.....ilnome esatto è Carlo Lorenzini, in arte, Carlo Collodi. Lo scrittore di Pinocchio.
 
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view post Posted on 10/6/2008, 13:53

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riccio, se non lo so io...
 
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Richmond
view post Posted on 10/6/2008, 13:57




CITAZIONE (mariolinamay @ 10/6/2008, 14:53)
riccio, se non lo so io...

?
 
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view post Posted on 10/6/2008, 14:01

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vivo a un tiro di schioppo da collodi...
 
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Richmond
view post Posted on 10/6/2008, 14:04




CITAZIONE (mariolinamay @ 10/6/2008, 15:01)
vivo a un tiro di schioppo da collodi...

Ma dai? Figo!
 
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Criss Russ
view post Posted on 10/6/2008, 14:22




io c'ero (sigh, sob, sniff) e mi ricordo bene i tiggì con le immagini del pozzo .... non l'ho seguita molto negli anni a venire, e quindi aspetto con ansia il seguito della storia... dai Rich... non ti fare pregare !!
 
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Cymbelline
view post Posted on 10/6/2008, 16:06




Anch'io come la maggior parte di voi non ho ricordi di quel giorno però ho vissuto tutta la vicenda attraverso i racconti dei miei genitori e soprattutto attraverso i tanti documentari che ho visto.

E mi associo a quanto scritto da Diane...questa tragedia è stata un evento mediatico, un racconto per immagini del vano tentativo di salvare una vita umana, che indirizzò il "mondo televisivo" su una "certa strada".

E' una vicenda che mi ha sconvolta, ma ancor di più mi hanno sconvolta le telecamere che filmavano ininterrottamente la vicenda, le centinaia di persone che fanno una ressa inutile, i vari volontari dal fisico minuto che fanno a gara per calarsi nel pozzo e toccare le manine di Alfredino.

E mi ha fatto riflettere il commento di Aldo Grassi sulla vicenda:

"Era giusto, non era giusto- si chiede il critico tv del Corriere della sera- trasmettere quella terribile agonia dal pozzo della morte? Era giusto, non era giusto puntare le telecamere su un bambino che sta sprofondando in un buco nero dove, di lì a poco, sarebbero sprofondate, con la pietà e la vergogna per la fine del povero Alfredino, tutte le nostre concezioni sulla tv, sul rapporto fra informazione e spettacolo?".

La sua domanda rimane senza risposta, come lui stesso afferma in conclusione del suo editoriale.

"E' opportuno immettere in un circuito incontrollabile immagini che invocano solo la pietà? Una cosa è soffrire, un'altra vivere con le immagini della sofferenza, che non rafforzano necessariamente la coscienza o la capacità di avere compassione. Possono anche corromperle. Con Vermicino un fatto di cronaca si è trasformato nell'angoscioso e grandioso racconto di un fallimento di una comunità mediatica. E, negli anni, il Servizio pubblico non si è mai seriamente interrogato sull'incidente".


Questa tragedia purtroppo è solo servita a sdoganare un nuovo genere di spettacolo, basato sulla sofferenza umana, per far lievitare gli ascolti.


 
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view post Posted on 10/6/2008, 18:02

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CITAZIONE (mariolinamay @ 10/6/2008, 15:01)
vivo a un tiro di schioppo da collodi...

io da vermicino.. oddio magari due tiri.

e questa storia l'ho sempre conosciuta molto poco. Prima leggevo, e mi sono tornate in mente immagini confuse che avrò visto in qualche programma commemorativo, ma davvero ne so poco. Quindi attendo con ansia il seguito, prima di dire qualsiasi cosa.
 
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Richmond
view post Posted on 13/6/2008, 10:04




Giovedì 11 giugno (una mattinata di fermento)





Sono già cinque ore che Alfredino è prigioniero in quel pozzo. La razionale mente di una persona può già immaginare quali sofferenze sta passando un bambio di sei anni dopo una simile esperienza. Si pensi solamente che esse sono minime, in confronto a quelle che si protrarranno per tre lunghe ed infinite giornate di agonia.
C'è già grande confusione, anche se i soccorritori sono ancora relativamente pochi, rispetto a quello che si vedrà alcune ore dopo.
Il caporeparto dei vigili del fuoco, chiamati ufficialmente "a parrtecipare alle ricerche di un bambino che si è smarrito", entra subito in contatto con il piccolo, il quale riesce ad informarlo addirittura sulle sue condizioni: Sono sospeso e fermo nel vuoto, dice lo stesso Alfredo Rampi. Nonostante la repentina chiamata di rinforzi dalla centrale di Roma, si avverte subito che anche i pompieri che sopraggiungono, nonostante la referenziata esperienza nel campo dei salvataggi in ogni situazione etrema, paiono non essere all'altezza. Ogni mossa potrebbe rivelarsi un errore e rischiare di complicare le cose.
Si noti che il pozzo, profondo ben ottanta metri, in una stagione di siccità come lo è quella in cui si svolge la tragedia, è completamente vuoto d'acqua (che, normalmente, dovrebbe risalire in superficie, direttamente dalla falda acquifera che giace in fondo, per capillarità), ed è largo appena trenta centimetri. Misure che scoraggiano fin da subito ogni possbile intervento umano, ogni minima indagine, sondaggio delle conformazione stessa del budello in cui malauguratamente è caduto Alfredo Rampi. Insomma, detto brevemente: nessuno è in grado di capire effettivamente a che profondità si trovi il bambino, in che posizione sia, nessuno ha la possibilità di individuarlo. Ciò che a tutti gli effetti giunge ai soccorritori è la flebile voce di Alfredino, deformata dai diversi metri di profondità che, evidentemente, lo separano dalla superficie.

Ai sentimenti di entusiasmo per averlo quanto meno localizzato, seguono immediatamente sconforto e panico per la manifesta incapacità di venire a capo di una situazione che si sta facendo incandescente. Questo altalenarsi di sentimenti contrastanti, sarà una costante, un caratteristica peculiare di tutta questa vicenda. E colpirà non solo i diretti interessati, ma anche i milioni di italiani che seguiranno la tragedia in diretta, sentendosi impotenti di fronte ad una situazione in cui parrebbe mancare un colpevole, ma in cui l'intero genere umano sembrerebbe essere messo di fronte ai suoi limiti.

Calata una torcia per esplorare il cunicolo, i vigili del fuoco si rendono conto che la visibilità è comunque scarsissima. Ma capiscono subito che il pozzo non scende in maniera regolare, bensì presenta spuntoni, sporgenze e dopo alcuni metri intraprende una via non verticale, ma distorta e quasi obliqua, cambiando il corso della sua discesa. Ciò, ovviamente, non fa altro che complicare le cose.

In questo momento sono presenti anche i genitori di Alfredino. Cercheranno di confortarlo, gridando dall'imboccatura del pozzo: Sta' calmo, adeso veniamo a prenderti. Quante volte il povero Alfredino si sentirà raccontare simili benevole menzogne, nei continui rimandi di un salvataggio che non avverrà mai.
Ai costanti incitamenti, inviti a parlare, da parte dei geniori o dei soccorritori, Alfredino spesso risponde con grida disperate, che non fanno altro che aumentare l'angoscia di tutti coloro che si trovano nei paraggi. In realtà il bambino è ancora nel pieno della sua forza fisica e della sua resistenza, risulterà reattivo, ancora incredibilmente vivace.

Il primo rudimentale tentativo di salvataggio consiste nel calare una corda di canapa, farla giungere fino al bambino, farlo aggrappare e tirarlo su. Ma il tentativo ovviamente fallisce, dal momento che i vigili del fuoco non sanno che Alfredino è incastrato, oltre che con il corpo, anche con le braccia.
Alle due di notte la prima notizia ANSA sull'accaduto comincia ad esere battuta, per prendere poi la strada che tutti conosciamo. In verità, l'accanimento mediatico che susciterà scalpore anche anni ed anni dopo, ha tratto le sue origini anche dal ruolo primario che hanno svolto le prime, embrionali Tv private. All'epoca, queste non sono altro che un ricettacolo di maghi, venditori di tappeti o di gioielli (per lo più falsi), astrologi e quant'altro. Come ci ricorda anche Massimo Gamba nel suo libro, il fenomeno di Wanna Marchi comincia proprio in questi anni.
All'Una di notte circa, in alcune di queste Tv private comincia a circolare una scritta in sovraimpressione: Si cerca una gru per tirare fuori un bambino caduto in un pozzo. Si prega di telefonare al numero.....

I telespettatori nottambuli, ammaliati dal mercato del sesso via telefono che si tiene in quei veri e propri suq moderni, all'italiana, che servono a domicilio i tubi catodici di milioni di italiani, assistono a questa scarna ed insolita richiesta d'aiuito. Fra di loro c'è anche Pierluigi Pini, giornalista Rai, a cui, citando Gamba, non manca certamente il fiuto per la notizia. Così decide di telefonare, spacciandosi per il prprpietario di una gru, facendosi così dire dove si trovi il pozzo. Immediatamente, quindi, contatta Vitaliano Natalucci, che egli descrive come un abilissimo operatore, e gli chiede di raggiungerlo subito a Vermicino.
E nel mentre Pini è in viaggio per Vermicino, Giancarlo Santalamassi, direttore del Tg2, apprende la notizia allo stesso modo in cui, poco prima, ne è venuto a conoscenza il suo collega.
D'ora in avanti il ruolo della stampa sarà sempe più di primo piano in questa sciagurata vicenda.

Intorno alle 2.00 di notte il clima a Vermicino è sempre frenetico, così, comincia a ventilarsi l'ipotesi di dover ricorrere ad un nano, o comunque ad una persona dalla corporatura ridotta, per soccorrere il piccolo Alfredo. Nel mentre una volante della polizia si incammina a perlustrare tutti i circhi della zona alla ricerca di un identikit simile, qualcuno si prende la briga di contattare Roberto Caporale, ventunenne qualificato, secondo l'agente che gli ha telefonato, grazie ad una sua precedente esperienza in un pozzo vicino a Rieti.
Quando quest'ultimo giunge a Vermicino accompagnato da suo padre, i soccorritori sono già all'opera per progettare un'altra tattica di salvataggio, che purtroppo, una volta messa in atto, si rivelerà il più grande errore mai commesso in quei tre giorni maledetti. Si sta infatti valutando di calare una tavoletta di legno, legata ad una corda, alla quale far aggrappare meglio il bambino, o sulla quale farlo sedere, per poi tirarlo su.
Di fatto tutte queste idee e questi progetti spesso nati morti, si accavalleranno l'un l'altro, complice anche la fretta data dall'emergenza, ed impediranno a Roberto Caporale di scendere nel pozzo.

Ma un aspetto non secondario di tutta questa storia è dato dal microfono: da diverse ore Alfredino parla con i suoi soccorritori, ma la sua voce giunge loro deformata, quando non flebile, fioca, afona, creando non poche difficoltà di comprensione. Ma se le sue grida provocano angoscia, i suoi silenzi generano panico assoluto, dal momento che potrebbero singificare che Alfredino è deceduto.
Così si pensa di chiedere alla Rai un microfono da calare nel pozzo, allo scopo di sentire meglio la voce del piccolo e di monitorare la sua respirazione o il suo battito cardiaco. Dal momento che lo stesso Roberto Caporale si dice essere un esperto perito elettrotecnico, capace di allestire un simile congegno in poco tempo, gli si dà fiducia e gli si chiede di recarsi presso gli uffici della ditta per cui lavora, di cui ha le chiavi, a prelevare il materiale necessario.
Il suo ruolo, quindi sarà primario, perché almeno questa operazione andrà a buon fine.
Ma a testimonianza dell'atroce e beffarda sfortuna che si abbatte in questi giorni su Vermicino e su tutti i suoi protagonisti, il povero Caporale verrà licenziato il giorno dopo dai suoi principali, per aver sottratto in piena notte materiali dall'ufficio della ditta per cui lavora, senza autorizzazione.
In realtà, ad onor del vero, questa spiacevole situazione durerà poche ore e si rivelerà esser stata frutto di un malinteso. Quando infatti i suoi capi comprenderanno i motivi che hanno spinto Roberto a compiere quel gesto, lo riassumeranno con tanto di scuse.

Alle ore 3.00 Pierluigi Pini giunge a Vermicino, insieme al suo operatore, Vitalino Natalucci. Oltre a girare le primissime immagini di questa tragedia, i due caleranno anche il microfono del nagra (registratore) nel pozzo e porteranno la voce di Alfredino all'edizione delle 13.00 del Tg2. Sono le prime strazianti "melodie", la colonna sonora di quei tre giorni maledetti, che giungeranno alle orecchie dimilioni di italiani, senza poter essere facilmente scordate.

Sempre intorno alle 3.00 squilla anche il telefono dello speleologo (il primo, di una lunga serie) Maurizio Monteleone. Gli viene richiesto di partecipare ai soccorsi. Egli accetta.

Nel mentre accade tutto questo, i pompieri provenienti dala sede di Via Genova - capitanati da Elveno Pastorelli, uomo di grande virtù, nel suo mestiere, protagonista in positivo nei soccorsi, dello stesso anno, del terremoto in Irpinia e dell'alluvione, negli anni Settanta, di Firenze - sono intenti a mettere in atto il piano della tavoletta. Ignorano che Alfredino è incastrato anche per le braccia. Questa lacuna nelle valutazioni, si rivelerà essere la principale falla a provocare l'affondamento di tutto il macchinario (di cervelli, braccia, vite umane) messo in moto per salvare il povero Alfredo Rampi. Buttata la tavoletta, a causa di quelle sporgenze di cui sappiamo il pozzo essere pieno, questa si incastra e va irrimediabilmente (senza possibiltà di rimozioni, che verranno invano tentate più volte anche in seguito) ad ostaclare in maniera determinante le successive operazioni di soccorso.

Ora fra Alfredino ed i suoi salvatori c'è una barriera, una tavoletta di legno che impedirà non poco ogni altro tentativo, di qualunque natura.

Fra le 3.00 e le 4.00 Roberto Caporale riesc ad ultimare l'allestimento di un impianto acustico, un microfono legato ad un filo da calare nel pozzo. Questo, fatto scendere, restituisce finalmente la voce del bambino forte e chiara. Ma da anche la possibilità, tramite il filo cui è legato, di misurare la profondità a cui è sprofondato Alfredino: risulterà trovarsi a 36 metri sotto terra.
Il microfono risulterà essere una trovata importante, come abiamo visto, per monitorare le condizioni del piccolo (salute, respiro, battito cardiaco), ma anche e soprattutto per mantenere con lui un contatto emotivo fondamentale: ciò che preoccuperò i medici che giungeranno sul posto, infatti, non sarà solamente un inevitabile declino delle condizioni fisiche, ma anche,e soprattutto, un crollo di quelle psichiche, che possono invero esere mantenute stabili grazie a fequenti contatti coi genitori o coi soccorritori.
Ma quel microfono sarà anche lo strumento che trasformerà le soffernzedi Alfredino in un mezzo mediatico per mantenere gli ascolti a vertici che non si erano mai raggiunti prima.

Verso le 4.00 comicnia a circolare l'ipotesi di poter scavare un pozzo parallelo a quello dove è situato Alfredino, per raggiungerlo tramite un cunicolo scavato orizzontalmente, possibilment sotto Alfredino, e trarlo così in salvo.
Operazione che si rivelerà tutt'altro che facile ma che, soprattuto, necessita dell'utilizzo di una trivella, macchina che, specialmente a quell'ora, sarà molto difficile riuscire a reperire senza problemi.

Alle 5.00 gli speleologi Maurizio Monteleone e Tullio Bernabei, entrambi fra i venti ed i venticinque anni, saranno i primi ad apprestarsi ad antrare nell'infero di Alfredino. Si preprano velocemente con le imbracature, i moschettoni e tuto il resto e, informatisi sulle condizioni del pozzo, cominciano l'operazione. Sarà Tuttlio Bernabei a calarsi, dando disposizioni agli uomini che manovrano la sua corda, fra cui c'è anche il suo amico Maurizio Monteleone.
Tuttlio ariveràmolto vicino ad Alfredino e riuscirà a confortarlo con la sua, seppur difficilmente captabile, presenza umana. Tullio apprende che la tavoletta è incastata, ma bisogna rimuoverla. Verrà ritirato su, completamente sporco di fango.
Proverà a calarsi anche Maurizio, ma i suoi tentativi risulteranno altrettanto vani.
Il reperimento di una trivella per scavare un pozzo parallelo, a questo punto, si rivela di importanza cruciale.

Alle 9.00, mentre la città di Roma si sveglia e viene a conoscenza, tramite le locandine ed i giornali, del dramma che si sta vivendo, gli operai della società Tecnopali si premurano di montarela trivella che la loro ditta ha gentilmente concesso in uso per i soccorsi a Vermicino.
Gli operai la montano in poco tempo e proprio per le 9.00 la macchina inizia a scavare. Dal momento che la terra in superficie è fiabile, la trivella scava diversi metri in poche ore e l'angoscia diventa entusiasmo.
Una gioia che presto viene raggelata dalle urla di Alfredino, che percepisce i rumori provocati dal "mostro meccanico" come un tormento, una serie di scosse e di vibrazioni, una vera tortura che non fa che peggiorare il suo indesiderato soggiorno nelle viscere della terra.
I genitori del piccolo continuano a confortarlo, parlandogli attraverso il megafono. Ma la risposta di Alfredino è schietta e suona come una vera richiesta d'aiuto: Mamma...tirami fuori. Mi fa male un braccio e una gamba. Sono stanco.
Il comandante dei pompieri, Pastorelli, prende il megafono:

Alfredo, sono il comandante dei vigili del fuoco.ù

Il bimbo, dopo un attimo di esitazione, dice:

Ti conosco. Ti ho visto in televisione per il terremoto. Quanti uomini hai?

Ho cento uomini e ti prometto che ti tiro fuori.

Può bastare, questo scambio di battute, nella situazione in cui sappiamo trovarsi il piccolo Alfredo, a dimostrare la sua forza d'animo, la sua vivacità e la sua intelligenza? Alfredino si ripeterà in questo genere di esternazioni, spesso formulando frasi che stupiscono tutti i presenti per la dose di ingenuo spirito in ese contenute. Un ragione in più per commuoversi, per straziarsi, specialmente da parte di tutti coloro che assistono impotenti, davanti alla Tv, a questo orribile spettacolo, alla perdita minuto per minuto di una vita umana.

La trivella della Tecnopali procede velocemente, ma non può spingersi oltre i trenta metri: urge una nuova macchina, più grande, più potente.
I vigili del fuoco entrano così in contatto con la Geosonda, ditta che assicura i soccorritori di poter fornire loro un vero mostro meccanico, una macchina di sessanta tonnellate che può scavare fino a settanta metri di profondità. Per farla giungere, si sbancano vineti, si spianano strade, si bloccano strade, interi racordi autostradali. Il tutto accadrà, però, non prima delle 13.00. Nel frattepo, giunge a Vermicino l'ambulanza con sopra Evasio Fava,il primario del reparto di rianimazione dell'ospedale San Giovanni di Roma. Quest'ultimo parla con Alfredino e si accerta sulle sue condizioni di salute che, nonostante le quindici ore di prigionia, sono ancora buone.

Le operazioni di soccorso vengono ostacolate, a metà mattinata, anche da un black out generale ch si frappone fra Alfredino ed i suoi salvatori. Dimostrazione che stiamo parlando di un storia per cui la divina provvidenza sembra aver fatto di tutto perché si concludesse in modo tragico.

Mentre dalla sede Rai i seppur avvezzi addetti ai lavori rimangono basiti di fronte alle immagini girate da Pini e Natalucci, e mentre sempre dagloi studi della Tv nazionale viene inviata una troupe, dotata di una sola telecamera, la quale incredibilmente si rivelerà essere l'unico mezzo, l'unico tramite fra gli italiani e Vermicino, durante la diretta di diciotto ore che comincerà parecchio dopo......
mentre accade tuto questo, alle 11.00, ora in cui la trivella della Tecnopali ha scavato ben diciotto metri, Alfredino stupisce tutti e suscita ancora una volta un misto di commozione e tenerezza.
Prima si rivolge allo "Zio Ivo", che in realtà è solo un fidato amico di suo papà, dicendogli: Ivo, scendi giù! Tu sei l'Uomo ragno!
Poi, in seguito ad un'idea dello stesso Ivo Giannone (questo il suo nome per intero), reagisce con entusiasmo alla comparsa, nel budello di cui è rpgioniero, di un tubicino per l'ossigeno a cui è stata assicurata una lampadina, per prtare un p' di luce in quell'inferno dominato dalle tenebre:
E' tutto illuminato! Grida quasi felice Alfredino.
Poco dopo, se ne esce infine con questa frase:

Papà, devo fare pipì. Come faccio?

Il padre, quasi sconcertato, gli dice di non preoccpuarsi e di farla lì.
E Alfredino domanda:

Addosso?

Un altro siparietto in cui è messo in risalto il carattere vivace, incline all'umorismo, più spesso ingenuamente saggio del piccolo Alfredo, che suscita lacrime, commozione, vera simpatia. Un bambino così vispo ed intelligente fa rimpiangere ancora più amaramente, se è possibile, la sua scomparsa.




Continua....



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Richmond
view post Posted on 13/6/2008, 11:46




Giovedì 11 giugno (un pomeriggio inconcludente)




....Proprio alle ore 13.00 va in onda la prima edizione del Tg2. Dal momento che la notizja ha avuto già una rapida diffusione grazie ai quotidiani usciti in edicola al mattino, i telespettatori attendono trepidamente di avere delucidazioni sulla situazione di Alfredino.
Già dal sommario letto in apertura dal conduttore Maurizio Vallone, si comprende il contesto politico sociale, già di per sè esplosivo (abbiamo già parlato della loggia P2, a cui si sommano altri avvenimenti incandescenti) che i fatti di vermicino sono riusciti a porre in ombra:

(Questo è il link al video del Tg.)

1) Crisi di governo: il segretario repubblicano Giovanni Spadolini ha iniziato stamane il suo mandato. Pertini lo ha incaricato di formare il nuovo governo, dopo che Forlani, ieri sera, aveva rinunciato.

2) Molta attesa per conoscere la nuova documentazione sull'affare P2, in mano alla commissione Sindona.

3) A San Benedetto del Tronto è scomparso da ieri sera Roberto Peci, fratello di Patrizio, il brigatista rosso che da tempo ha deciso di collaborare con la giustizia.

4) Sempre preoccupante la situazione in Polonia, dopo la conclusione del Plenum del comitato centrale del Partito Comunista polacco.

Ma oggi l'apertura di questo giornale è dedicata ad un fatto che da diverse ore sta tenendo tutti con il fiato sospeso. Un bambino di sei anni è caduto ieri sera in un pozzo artesiano nei pressi di Frascati, vicino Roma. Si trova ancora a una quarantina di metri sotto terra e si sta disperatamente cercando di salvarlo.

(cit. da Vermicino, l'Italia nel pozzo, di M. Gamba. L'autore del libro ha a sua volta citato le testuali parole del conduttore del Tg2 Vallone, durante la sopracitata edizione del telegiornale).

Così partono le prima immagini registrate, la voce del padre che comunica con Alfredino tramite il megafono. Segue un collegamento in diretta con P. Pini, che si trova a Vermicino ed alcune interviste con l'arch. Faggioli, vigile del fuoco impegnato nei soccorsi, che fornisce notizie sull'accaduto.
Tornano poi le immagini registrate nella notte, in cui si vede Franca Rampi che parla con suo figlio, disperata. E si sentono i pianti e le urla di Alfredino: Mamma....mamma!
I primi lamenti che terranno incollati i telespettatori, in virtù di un sentimento di speranzosa pietà, am anche di un inopportuna curiosità morbosa, quasi voyeuristica, che proprio questa Tv del dolore, inventata in quest'occasione ripresa negli anni a venire, fino ad oggi, in Italia, ha inventato con cinico opportunismo.

D'ora in avanti il pbblico pretende d essere costantemente informato sui fatti. Vermicino diventa la prima notizia di tutti i Tg della penisola.

Mentre accade tutto questo, finalmente giunge a Vermicino la trivella della Geosonda, che si mette all'opera, però, solamente alle 15 e 30.
Ma questo mostro meccanico dovrà fare subito i conti con uno strato di roccia durissima, che ne rallenterà i lavori, facendo aumentare in una folla che continua a crescere di numero a dismisura, quell'angoscia che si porterà appresso fino ala fine della sciagurata vicenda.

Alle 17.00 va in onda la seconda edizione del Tg2,in cui Vallone si collega con Pini.
Ma accade anche un fatto drammatico, se è possibile qualificarlo come tale, in una serie di aventi che si superano nella loro atroce tragicità:
a furia di sentirsi raccontar queste innocenti menzogne, Alfredino ha un cedimento psichico che preoccupa i medici e i genitori. Sono proprio questi ultimi, oltretutto, a perdere la fiducia del bambino. Ormai mamma sta per arrivare, è questione di un minuto! grida Franca Rampi al suo bambino intrappolato sotto terra.
Ma quanto tempo, mamma? domanda lui.
Un quarto d'ora..., lo rassicura la madre.
No, è troppo, troppo! urla esasperato il piccolo.

E' la stessa Franca Rampi a raccontare questo lancinante episodio.
A un certo punto, come sentiva la mia voce, urlava, urlava, urlava. E con il padre la stessa cosa.

L'ultima volta che gli parlai, Alfredino mi urlò col tono che usava quando era arrabbiato:

"Nun me sta' a racconta' bucie, che nun te credo più!"

E così, da allora, non ebbi più la forza di parlargli....Aveva ragione lui, io gli stavo raccontando bugie, e quando una mamma racconta bugie, i figli lo capiscono.


(cit. da Vermicino, l'Italia nel pozzo, di M. Gamba. A sua volta l'autore cita F. Frigieri, Epoca, 27 giugno 1981).


Intanto la trivella procede lentissima: nelle prime due ore e mezzo, il manovratore Peppe comunica che è riuscito a scavare solo cinquanta centimetri. Viene così sostituita la unta elicoidale, che procede per rotazione, con un'altra estremità: un peso enorme che si abbatte con forza dirompente sulla roccia, fino a romperla. S'immagini le vibrazioni e gli scossoni che il povero Alfredino subisce, mentre è rinchiuso nel ventre della terra.

Ad un tratto, verso le 19 e 30, dopo che lo "Zio Ivo" si è premurato di far giungere ad Alfredino un tubicino, sempre munito di una lampadina verde, per nutrirlo con una soluzione di acqua e zucchero, l'incertezza regna sovrana e ad un tratto, il comandante dei pompieri, Pastorelli, in contatto con il bambino, fa: Alfredino....sta' calmo. Sono il comandante. Adesso veniamo....ce l'hai l'acqua vicino? Ora te la caliamo ancora un po'....Va bene così?....Devi provare a bere....
passa qualche secondo e sempre Pastorelli, munito dell'auricolare, dice:
Whisky?...Ma no, tesoro, non è whisky. E' acqua, acqua e zucchero.

Tra le 20.00 e le 20.30, ora in cui va in onda l'edizione serale del Tg1, un cambio di turno dovrebbe garantire l'arrivo di forze fresche tra i vigili del fuoco soccorritori, ma quelli che sono presenti lì da ore non vogliono comunque saperne di andarsene. Ognuno vuole fare la sua parte.

Poco prima delle 21.00 si presenta ai soccorritori un uomo basso, magro, con la barba: sembra un folletto. Si chiama Isidoro Mirabella, soprannominato l'Uomo ragno.
Verso le 22.00 Mirabella inizia la sua discesa nel pozzo, dopo che la trivella è stata fermata, munito anche di un seghetto, con l'obiettivo di rimuovere la tavoletta.
Ma il suo tentativo fallisce ed i vigili del fuoco, con una coda di polemiche che si aggiungeranno a molte altre, nei giorni seguenti, negheranno un suo successivo tentativo.

Così, dopo le 22.00 la trivella riprende a scavare nel buio della notte di Vermicino, illuminata da alcuni riflettori che ne violano la sua rurale riservatezza.
Il cuore di Alfredino continua a pulsare, là sotto, ma il suo organismo è scosso e tormentato da quelle terribili vibrazioni che l'enorme trivella gli procura nel suo scavare, oltre tutto, sempre così lentamente rispetto alle urgenti esigenze.
Il dott. Gentile, cardiologo che da anni segue Alfredino per le sue malformazioni cardiache, parla ai microfoni del Tg2:
Stiamo cercando di fargli accettare quello che per lui è il motivo di paura più grande, in questo momento, e cioè il terribile frastuono della trivella. Abbiamo cercato di metterla in positivo, usando il linguaggio della fantasia. Gli abbiamo detto che non deve avere paura perché quello è il rumore di una grande macchina, enorme, bellissima, piena di pompieri, che sta andando a salvarlo. Lui è stato agganciato da questo discorso e ora chiedei in continuazione notizie di questa macchina meravigliosa.
In verità, colui che è in grado di raccontare queata favola ad Alfrdino, ad alleviargli il dolore della tragedia che sta vivendo sulla sua pelle (proprio come Roberto Benigni fa nel suo film La vita è bella) è il pompiere Nando Broglio, un vigile del fuoco di valore, attio nei terremoti della Campania e della Sicilia. Egli racconterà ad Slfredino un sacco di cose, gli parlerà dei suoi stessi figli, della sua casa, stabilendo un dialogo con il "piccolo prigioniero".
Giorni dopo, racconterà: Io gli parlavo dei robot dei cartoni animati, in riferimento al frastornante rumore della trivella, che così, con il suo aiuto, si trasforma nella mente di Alfredo, in Mazinga.
Continua Broglio: Lui ha accennato al motivo dei titoli di testa di questa trasmissione e l'abbiamo cantata insieme.

Verso Mezzanotte l'inviato Pierluigi pini, dopo quasi ventiquattr'ore di lavoro, lascia Vermicino, per andare a riposarsi:

Quando sono andato via, con la mia macchina, ho incrociato un fiume di auto che dalla via Anagnina si dirigevano a Vermicino. Durante il giorno, verso sera, erano cominciate ad arrivare le bancarelle dei venditori ambulanti di panini, bibite e porchetta, che hanno anticipato l'arrivo della grande ondata di folla. Ci hanno visto lungo.

Si sta profilando, dopo che sono già trascorse trenta ore di prigionia del povero Alfredino - la cui agonia è giunta solo a metà percorso - quella situazione estrema, folkloristica, colorata, felliniana, che fa a pugni con la tragedia, con il dolore, che dovrebbe assumere sempre i toni privati, della riservatezza e del pudore, che caratterizzeranno negativamente, con un ulteriore tocco di amarezza, questo fattaccio che ha tenuto con il fiato sospeso milioni di italiani in quell'annoiata estate del 1981.
Ma per la sera dell'11 giugno ai telespettatori può bastare. Si può andare a dormire, nella speranza che durante la notte, i soccorritori che si stanno "sporcando le mani" per salvare questa vita appesa ad un filo, concedano un risveglio sereno alla coscienza di un popolo che è scosso da questa brutale manifestazione della morte.
Ma non è tempo per riposarsi, in realtà, per tutti coloro che sono attivi, anche a notte fonda, per salvare il bambino. A Vermicino nessuno dorme.
Non è tempo di riposo neppure per Alfredino, che continua a lottare, prigioniero, per sopravvivere ad un destino infame.



Continua....



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Edited by Richmond - 13/6/2008, 15:16
 
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Criss Russ
view post Posted on 16/6/2008, 09:45




ho la pelle d'oca, come ogni volta che in questi anni mi è capitato di ripensare a questa cosa terribile... sono cose che angosciano noi, figuriamoci un piccolo bimbo di 6 anni appena... quanto paura deve aver provato, povera creatura
 
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Richmond
view post Posted on 16/6/2008, 17:22




Venerdì 12 giugno






Alle 7 e 30, sia il Tg1 che il Tg2 sono collegati per un'edizione straordinaria.
Quell'unica telecamera presente porta nelle case degli italiani la disperazione e la sfiducia nei soccorsi di Franca Rampi: questo è il video, uno dei pochi che sono rimasti di questa tragedia. Personalmente sono contento di non trovare molto, quando su youtube digito "vermicino" o "alfredino rampi", dal momento che significa che, se da un lato questo fattaccio è stato rimosso, dall'altro l'invadenza mediatica che per tre giorni ha tormentato la riservatezza della famiglia coinvolta è stata accabtonata negli annia a venire. Per essere precisi, comunque, riporto il link solamente in qualità di documento storico e non per soddisfare la sete voyeristica di chicchessia: bene o male è rimasto uno dei pochi video che testimonino l'atmosfera di Vermicino.

Ma da quel dialogo e da quelle immagini, comuque, emerge lo scoraggiamento di Franca Rampi di fronte a questa situazione.
Sul suo lobro, Massimo Gamba cita le righe di Epoca, settimanale che pochi giorni dopo l'accaduto riporta un'intervista alla mamma di Alfredino:

Io alle assicurazioni che Alfredino l'avrebbero tirato fuori non ci ho mai creduto. Lo intuivo che da quel pozzo non ce l’avrebbero fatta a farlo venire su ancora in vita. Sono cose che una madre se le sente dentro, anche se è impossibile spiegarle. E lo facevo presente alle mie amiche, che mi stavano intorno in quelle ore tragiche, e tutte loro mi rimproveravano...Ma io l'ho capito subito che la disorganizzazione globale era tanta che avrebbe impedito la salvezza di Alfrdino.
E continua, iferendosi alla malformazione cardiaca di suo figlio: Comunque, chissà perché, ora che ci penso Alfredino non me lo sono mai immaginato prima adolescentee poi uomo. Eppure io non credo al destino, sono una raziocinante, non credo all'oroscopo, ai maghi, alla predestinazione. (cit. da Vermicino, l'Italia nel pozzo. A sua volta l'autore cita F. Frigieri, Epoca, 27 giugno 1981).

Ore 9 e 30: dal momento che anche la trivella della Geosonda procede a fatica, si decide di far arrivare un altro mostro meccanico, una macchina ancora più potente, per la quale è necessario nuovamente preparare l'arrivo attraverso manovre e lavori imponenti, come il blocco di alcune arterie stradali importanti. Per diverso tempo la perforatrice della Geosonda sembra godere di maggior fortuna rispetto alle ore precedenti, generando entusiasmo fra la folla, che adesso ha raggiunto un numero davvero importante.
Ma verso le 10 e 30 una notizia gela il sangue delle migliaia di presenti: la trivella ha incontrato un duro strato di roccia, così fatica a proseguire.
Per fortuna che, per una volta, qualcuno si è rivlato essere previdente, in questo mare di disorganizzazione e di errori madornali: la nuova trivella arriva verso le 11.00 e suscita nuovamente la speranza fra la folla e fra i soccorritori: siamo nel momento in cui l'altalena di emozioni si fa sempre più oscillante, a ritmi serrati equasi forsennati, alternando gioia a dolore immenso.
Ed è quello che effettivamete accade: appena messa al lavoro, anche questa macchina si inceppa. Adiritura si incastra e non c'è modo di farla ripartire.
E' evidente, a nche per chi possa conservare un po' di fede, che lassù la storia di Alfredino sia messa in cosa a centinaia di altre emergenze, o addirittura, orribile a pensarsi, si sta facendo di tutto perché si conclusa nel peggiore dei modi.
E' innegabile che una scagurata sforuna si stia abbattendo sulla famiglai Rampi, in questi giorni.

Verso le 11 e 30 Pastorelli decide che il cunicolo comunicante fra il pozzo di Alfredino e quello di soccorso verrà scavato dal punto in cui si è arrivati, dal momento che è impossibile procedere oltre con la trivella.

Alle ore 13.00 inizia il Tg2 e con esso anche l'interminabile doretta televisiva, quella maratona Tv, come la definisce anche Massimo Gamba, che dura oltre diciotto ore. Un evento monitorato con l'occhio instancabile di una sola telecamera e violato dalla luce invadente delle fotoelettriche, in uno scenario apocalittico, plveroso, affollato, caotico. Vermicino, sugli schermi dgli italiani, è d'ora in avanti lo specchio di un'Italia in ginocchio. Ma che continua a sperare.

Più passano le ore, nel primo pomeriggio, più la sensazione che si sia giunti ad una conclusione felice si fa stada fra la folla. Omai dovrebbe essere questione di minuti.

Perfino il presidente Perìtini è sopraggiunto sul luogo, alle 16 e 30, in attesa di poter assistere al grande salvataggio. In molti criticheranno il suo atteggiamento di ostentato ed ostinato presenzialismo. In verità, secondo me, Pertini è certo, in questi istanti, come lo sono tutti gli italiani, che quell'orribile favola abbia già un suo lieto epilogo scritto dal destino. Egli è lì per rassicurare, confortare, celebrare un fatto di cronaca che ha macchiato l'Italia in un periodo già nero, ma che potrà risolversi e fornire ai cittadini un'immagine pulita, in cui, per lo meno, l'innocenza di un bambino può vincere sulle mille contraddizioni del Paese.
Scoprirà anche lui, nella sua onestà senile, che i suoi capelli bianchi e l'auricolare che lo lega ad Alfredino ci raffigura sul modello di un nonno che è in pena per i pericoli cui è esposto il suo nipotino, che quella di Vermicino è una vicenda che segnerà indelebilmente gli anni Ottanta ed i decenni a venire di quell'Italia che egli, suo malgrado (ed immeritatamente, dal momento che anche lui,a suo tempo, è stato un eroe) si ritrova a rappresentare.

Nel mentre la notizia supera i confoni italici, per attraversare l'Europa, in lungo e in largo e giungere perfino oltreoceano, in un'America che si rovela interessatissima a questa storia "tipicamente italiana", in Sicilia, in provincia di Siracusa, due fratellini di sette e nove anni sono prcipitati in un pozzo e sono conseguentemente annegati.
Una notizia che viene lanciata dall'Ansa ma che non gode della stessa visibilità dei fatti di Vermicino. Eppure il detsino beffardo l'ha fatta cadere in concomitanza con essi, ponendola tragicamente in paragone alla vicenda di Alfredino. Ma di quei bambini non si parla, in Italia. E presto verranno dimenticati. Perché gli occhi, per ora, sono tutti incollati al televisore che vomita immagini raccapriccianti, dirò ancora una volta felliniane, caotiche. Prima che anche queste ultime, a tragedia consumata, vengano rimosse in fretta e furia.

Intorno alle 18.00 si comincia a scavare il cunicolo orizzontale, ma l'operazione richiederà non meno di un'ora, irta di difficoltà.

Alle 19.00, quandi tuti pensano di essere giunti davvero ad un passo dal salvataggio del bambino, arriva la doccia fredda: per cause tutt'ora sconosciute, forse per via delle vibrazioni provocate dalla triivella, Alfredino è ultrirmente sprofondato. Non si trova più a trentasei metri. Inizialmente è difficile appurare a che distnza sia finito, ma dopo un po' le misurazioni risponderanno all'atroce quesito fornendo la misura di sessant'uno metri.

Questa è una tegola pesantissima, che allontana in maniera determinante Alfredino dalla vita.
Occorrerà ovviamente non perdersi d'animo, ma raggiungerlo a quella profondità, insinuandosi per venticinque lunghi metri in un pozzo largo trenta centimetri, è impresa praticamente impossibile per qualunque essere umano.
Forse solo gli speleologi possono pensare di buttarsi in una simile operazione. Ma il loro intervento viene bloccato: lo stesso Tullio Bernabei, oggi esperto di grotte, geleologia, documentarista, ricorda: la cosa era diventata così importante, che non potevamo essere noi, quattro ragazzi capelloni, per quanto esperti, a salvare Alfredino. Lì doveva essere lo Stato a tirarlo fuori. Più che un antagonismo fra noi e i pompieri, c'era la necessità che fosse un soccorso di Stato.

Fra le 20.00 e le 21.00 la folla aumenta in tl misura da raggiungere le ventimila unità. Davanti a questo scenario apocalittico, qualche furgoncino attrezzato, di quelli che si vedono nelle fiere di paese, fa affari vendendo panini con la porchetta e bibite fresche.
Oltre a quella che viene definita la "corte dei miracoli" - composta da nani, contorsionisti, personaggi di varia umanità, che presentano i loro progetti, redatti in fretta e furia, per dare una svolta positiva ai soccorsi, mostrando spesso idee strampalate, forse, molti, in cerca di un po' di quella notorietà che l'occhio indiscreto di quell'unica cinepresa possa mai conferire - ci sono anche tanti volti curiosi, alcuni speranzosi, altri semplicemente assetati di conoscere, di vedere, di poter dire Io c'ero.
Come già dissi, l'atmosfera è felliniana, caotica, colorata, direi grottesca. E' ravvisabile anche dalle poche immagini che oggi noi giovani possiamo vedere sulla vicenda. Ma anche dalle parole, riportare da M. Gamba nel suo libro, di Paolo Guzzanti: riferendosi al clima che si repsira in queste ore a Vermicino, egli dice: Tempo dopo ne parlai a Fellini e lui mi disse che avrebbe voluto farci un film, su questo clima da circo.

Ma oltre alle ventimila persone che assistono allo "spettacolo" dal vivo, milioni di telespettatori (fra i venti e i ventotto milioni) stanno seguendo impotenti questa sorta di reality show ante litteram. Chi passeggia in queste ore per le strade delle città, può avvertire quel clima estivo, prevacanziero, in cui ci si sollazza con la Tv, rinfrescandosi con qualche bibita e sventolando un ventaglio pe farsi un po' d'aria, davanti alla Tv, assistendo alla partita dei Mondiali. Ma questa volta gli schermi domestici rigurgitano immagini d'orrore, agonia, morte.

Di lì fino alla tarda serata, ancora pochi tentativi verranno messi in atto, ma falliranno tutti. L'ultimo a provarci è Claudio Aprile.
Verso le 11 e 30 arriva sul posto Angelo Licheri, un uomo sardo, basso, magro, con il viso scavato. Assiste alla prova di Aprile e domanda al soccorritore, esausto, che cosa si provi ad infilarsi là dentro.
Si sente rispondere: Oh, lì nessuno riuscirà mai ad entrare.

Ma l'Italia conoscrà molto bene la tenacia, la determinazione ed il profondo coraggio di questo Angelo Licheri, un uomo venuto dal nulla, il volto, apparentemente, dell'insignificanza, dell'uomo comune, di colui di cui nessuno si ricorderà mai.
In realtà, Angelo sarà, a breve, l'unico a giungere davvero ad un passo dal salvare il povero Alfredino.
Angelo Licheri, oggi, in effetti - per via dell'orribile epilogo di tutta la vicenda - dimenticato dai più - in quei tre giorni (ma io direi, in verità, per sempre) è riconosciuto unanimemente come l'erore di Vermicino.






Continua......




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